Quando ormai ci si rammenta
del vecchio sistema partitico si fa un po' fatica a non guardare ad esso con
una più che velata ironia e con disprezzo (in certi casi, non ingiustificato).
Ricordi vaghi e oscuri di un pluripartitismo ''esasperato'' e di un sistema
proporzionale ormai invisi all'attuale ideologia dominante della stabilità a
ogni costo, perchè di ideologia si tratta, con tutti i suoi pro e contro. A
quel vecchio modello (rectius: spauracchio nell'immaginario comune) si contrappone
oggi, tra le altre, una concezione della politica in gran voga al
momento: il ''renzismo'', ossia quel movimento culturale e politico che fa capo
al sindaco di Firenze Matteo Renzi. Si nota ormai ,con crescente
curiosità, il fatto che dopo l'abbaglio grillino e la temporanea
riesumazione del berlusconismo, molti elettori (secondo i più autorevoli
sondaggi sia di destra che di sinistra) stanno guardando al sindaco
di Firenze come l'uomo adatto a risolvere la matassa dei problemi concreti
del nostro Paese. Ormai la scalata di Renzi non tanto alla
segreteria del Pd, passaggio preliminare e non fondamentale, ma
verso i più alti gradi delle istituzioni politiche nazionali (si
presume ormai fino alla Presidenza del Consiglio) è inarrestabile. Ma
in base a cosa si sta dando fiducia a questo nuovo one man show della politica? Beh, Renzi innanzitutto nell'immaginario collettivo
rappresenta colui che si propone come il grande ''potatore'': tagli alla
burocrazia, ma non si capisce a quali settori specifici si riferisca; tagliare
le pensioni alte, secondo il sindaco infatti sarebbe razionale ed equo togliere
ai pensionati per dare ai pensionati, cioè continuare ad attuare una politica di
irresponsabilità statale che preferisce sempre colpire il sistema
pensionistico contributivo; tagliare il Senato,eliminarlo del
tutto, alludendo ad una fantomatica ''camera
delle autonomie'' di non precisata natura in sua sostituzione. Questo
è il tenore delle proposte renziane,ma se ne potrebbero aggiungere altre,
altrettanto generiche a mio parere (riforma della giustizia civile e
addirittura del Titolo V parte II della Costituzione, ad esempio), ma tutte
tendenti alla ratio del taglio, della semplificazione e dell'accentramento di
poteri e funzioni come unica via per tagliare gli ''sprechi'' e garantire
efficienza. Queste proposte, purtroppo, divengono soltanto lo sfondo, una
cornice superflua, dell'immagine salvifica che Renzi comunica a quello che
si potrebbe chiamare ''l'uomo della Leopolda''. La proposta più forte del
renzismo, non è un preciso contenuto, ma è un personaggio, un uomo: cioè lo
stesso Renzi. La principale proposta è il nuovo che avanza, che fa a pezzi il
vecchio sistema partitico e istituzionale a colpi di forbice e picconate,
che semplifica un po' tutto, che poi si capisca come semplificare e
quando serva è una complicazione inutile (appunto, semplifichiamo), che non decentra ma accentra, non più solo premier ma quasi ''sindaco d'Italia''.
Tutto questo si incarna più che nelle mille proposte, conosciute bene da
pochissimi, nello stesso Renzi, nel grande ''parlatore'' (oratore no, non
esageriamo) e affabulatore delle folle, carismatico fino alla nausea. Il nuovo,
il futuro a cui dai il nome quando vai alla Leopolda, che sostituisce il vecchio,
questo è il messaggio. Bene, ma quale vecchio? Il sistema partitico
in Italia è stato pian piano abbattuto in questi anni da una serie di leader
carismatici, strenui ricercatori non della condivisione degli elettori di un programma o anche un' ideologia di partito, ma della identificazione
degli italiani nella ''personalità'' e nella lista delle
spesa fatta di pochi slogan e vaghissime proposte di riforma. Uomini
che, più che parlare agli elettori, ai cittadini, parlano al pubblico, viene
difficile definirli politici o statisti, ma sono sicuramente uomini
di spettacolo, e Renzi si colloca coerentemente nella galassia di questi ''show
men'' che hanno svuotato i partiti. Ma attenzione, perchè qui non si vuole fare
una sterile analogia fra Berlusconi e Renzi, o fra Grillo e Renzi e via
dicendo: la situazione di svuotamento di potere e forza aggregante dei partiti
è da imputare per la maggior parte ad essi medesimi, che usciti distrutti
all'interno e soprattutto nella loro immagine pubblica all'inizio degli anni
'90, hanno accettato di delegare al personaggio carismatico di turno la
funzione di politico-immagine, catalizzatore di consenso basato più
sull'empatia guadagnata in corso di campagna elettorale che su un progetto di
partito. Vedere Renzi per quello che è, pertanto, mi sembra un atto di onestà
intellettuale: un leader carismatico, chiamato a nascondere l'irresponsabilità
politica che i partiti, in questo caso il Pd, hanno perpetrato. Forse è quello
di cui in questo momento la maggioranza dei cittadini italiani ha bisogno
paradossalmente: singoli personaggi carismatici a discapito del partito,
accentramento di potere piuttosto che distribuzione di esso. E'
una concreta situazione storico-politica di cui prendere atto, solo una
domanda aperta in conclusione è possibile lasciare: a cosa ci porterà in
futuro continuare a identificare la politica con lo
spettacolo, i cittadini con il pubblico, la proposta con il
carisma?
di Andrea Raciti
di Andrea Raciti